Nuove tecnologie, malattie rare e cronicità al centro delle linee di azione sulla sanità del PNRR.

evoluzione digitale
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Per le malattie croniche e rare, nel 2023 saranno messi a disposizione più di 260 milioni di euro della missione 6 salute del PNRR. Serviranno a finanziare: la ricerca, la telemedicina, le terapie avanzate e una rete sul territorio di assistenza ai malati e alle loro famiglie.

Sollecitato dalle associazioni del Terzo Settore che rappresentano la voce dei pazienti affetti da malattie croniche e rare, il Ministro della Salute, lo scorso 17 gennaio, durante la presentazione alla Camera delle linee programmatiche del suo dicastero per l’anno in corso, ha dedicato particolare attenzione ad illustrare misure e risorse destinate ai tre temi cruciali della sanità italiana: malattie rare e tumori rari, malattie croniche non trasmissibili ad alto impatto sui sistemi sanitari e socioassistenziali, e proof of concept.

Nel segno della continuità, visto che già nel 2022, sono stati previsti bandi per un totale di 262 milioni di euro destinati a sostenere 226 progetti di cui: 50 per malattie e tumori rari, 139 per malattie altamente invalidanti, 37 per proof of concept.

La cornice sarà offerta dal nuovo Piano nazionale delle malattie rare, che racchiude tutti gli obiettivi istituzionali da implementare nel prossimo triennio, e dal piano nazionale per la cronicità, che verrà ripensato nell’ottica di trovare spazio all’implementazione digitale delle cure ( digital health ) e assistenza domiciliare ( portale della trasparenza).

Quest’anno si lavorerà anche sulle nuove tecnologie. Nel Piano nazionale per gli investimenti complementari, sono stati, infatti, previsti 105 milioni nel 2022, 115 milioni del 2023, 84 milioni nel 2025, per la costituzione di una rete coordinata di centri per il trasferimento tecnologico, di tre hub di life science, in materia di terapie avanzate, diagnostica avanzata e digital health per la medicina di prossimità. Un grande fermento, che porta attenzione ad un problema sempre più diffuso e sempre più urgente, anche sotto il profilo sociale.

Per capire quali possono essere gli ambiti e le tecnologie più mature a fornire risposte terapeutiche alle persone affette da malattie rare o croniche, ho rivolto alcune domande alla dottoressa Ilaria Panamà, ricercatrice dell’Istituto di Nanotecnologie del CNR.

D: Le malattie rare coinvolgono principalmente il sistema nervoso, le malformazioni congenite, le cromosomopatie, le sindromi genetiche, le malattie del sangue e degli organi ematopoietici. Le biotecnologie come e quanto possono aiutare nella ricerca e sperimentazione di nuove cure?

R: Le biotecnologie possono aprire nuove opzioni terapeutiche per la cura di tali patologie, che molte delle volte sono orfane dal punto di vista della cura o della diagnosi precoce.

Gli studi biotecnologici possono portare all’identificazione di bersagli molecolare per lo sviluppo di nuovi farmaci target specifici che possono trovare impiego nella pratica clinica di quelle malattie, che molte delle volte hanno esordio nei primi mesi/anni di vita.

D: Malattie rare e centri dedicati. È un tema delicato, considerando che bambini e adolescenti sono i maggiori fruitori di possibili cure ed assistenza. L’Italia è in prima linea e al primo posto in Europa. Secondo lei con una collaborazione mirata ci sono margini di miglioramento nelle terapie e nella ricerca?

R: Le collaborazioni scientifiche, soprattutto con la clinica, rappresentano il cuore delle ricerche in campo biotecnologico non solo per le malattie rare che colpiscono i bambini, ma per tutte le patologie invalidanti. Solo attraverso il confronto tra realtà diverse, clinica e laboratori di ricerca, si possono avere risposte a domande che tuttora purtroppo ne sono prive.

D: Malattie croniche. In Italia riguardano 24 milioni di persone e spesso sono invalidanti. Biotecnologie e TDx possono non curare ma coadiuvare una terapia farmacologica o sostituirla in alcuni casi?

R: Le biotecnologie e le terapie digitali possono essere di grande aiuto nelle terapie farmacologiche già esistenti e approvate per uso clinico, ma possono andare anche a sostituirle, soprattutto nel caso di malattie neuropsichiatriche o metaboliche.

D: Vorrei una sua opinione sul PNRR salute rispetto alle sfide del prossimo futuro per la ricerca e sperimentazione in medicina. Pro e contro.

R: Lo sviluppo di una molecola biologicamente attiva con proprietà farmacologiche è un processo che richiedere molto tempo, è stimato che sono necessari dai 10 ai 15 anni per ottenere dall’agenzie regolatorie le autorizzazioni per l’uso sull’uomo.

Oltre al tempo, il processo è molto costoso, a volte si possono abbandonare ricerche anche con buoni risultati poiché non si hanno fondi a sufficienza per portarle avanti, quindi, dal mio punto di vista il PNRR salute può portare risorse necessarie che permettono di portare avanti molte delle ricerche in essere con dei buoni risultati a livello sperimentale.