Dallo scorso marzo, l’energia nucleare e il gas fossile sono ammessi nel mix energetico utilizzabile dagli stati Europei in quanto ritenuti a norma con i criteri prescritti dal Regolamento sulla tassonomia delle attività economiche ecosostenibili.
A certificarlo è stato il voto favorevole dell’Europarlamento, che ha dato il via libera all’atto delegato complementare “Clima” della Commissione Europea, chiarificatore sui pro e contro di queste energie ritenute “borderline” e, ora, riabilitate e pronte a partire dal 1° gennaio 2023.
La discussione è stata ampia e manichea, forse senza avere tutte le informazioni necessarie. Sicuramente l’impennata di prezzi dell’energia e la guerra in Ucraina hanno accelerato alcuni processi, ma vale la pena di riflettere, prima di esprimere un parere positivo o negativo sulla questione, sulla tassonomia del comparto energetico e sui numeri dei suoi consumi rilevati da Eurostat.
La Tassonomia Europea è lo strumento attraverso il quale gli investitori possono orientare i loro investimenti verso prodotti finanziari legati ad attività di cui è possibile misurare e certificare il valore ecosostenibile.
Per il comparto energetico, oltre al Regolamento sulla tassonomia n.852/2020 che fissa i criteri e la Comunicazione della Commissione n. 188/2021, l’Atto delegato complementare “Clima” definisce e delimita la sostenibilità del nucleare e del gas fossile nonché delle aziende che lo producono e/o utilizzano. Il nodo centrale è la mitigazione dei cambiamenti climatici grazie alla decarbonizzazione del pianeta e alla riduzione del gas serra, così come richiesto dall’Agenda Europea 2030.
Con lo studio svolto dal Centro comune di ricerca (JRC), il servizio della Commissione Europea per la scienza e la conoscenza, l’autorità unionale ha potuto rivalutare il non significativo danno delle attività legate a queste due fonti energetiche ed evidenziare il potenziale contributo alla decarbonizzazione offerto da gas e nucleare. Nello specifico, sono stati considerati quattro aspetti fondamentali per la loro inclusione fra le fonti energetiche sostenibili.
In primo luogo l’energia nucleare può apportare un contributo sostanziale all’obiettivo di mitigazione dei cambiamenti climatici senza arrecare un danno significativo agli altri quattro obiettivi ambientali del regolamento Tassonomia ( l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine; la transizione verso un’economia circolare; la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento; la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi) a condizione che soddisfi i criteri di vaglio tecnico proposti
Per quanto riguarda il gas fossile, i depositi geologici in profondità possono essere considerati, allo stato delle conoscenze attuali, soluzioni sicure ed adeguate ad isolare dalla biosfera il combustibile esaurito ed altri rifiuti radioattivi ad alta attività per periodi di tempo molto lunghi, grazie alla disponibilità di tecnologia all’ avanguardia. Quest’ultima può anche risolvere e prevenire eventuali problemi legati ad impatti ambientali potenzialmente dannosi.
Infine, il rispetto delle disposizioni contenute nella normativa Euratom e delle procedure autorizzative è sufficiente a garantire che l’impatto dell’intero ciclo di vita dell’energia nucleare, compresa la parte finale del ciclo dei combustibili nucleari, sull’uomo e sull’ambiente resti al di sotto dei livelli nocivi.
È un tema centrale che richiede due diversi approcci a seconda che le scorie radioattive siano ad alta o bassa intensità. In entrambi i casi è necessario conservarle in depositi che garantiscano il loro isolamento dall’uomo e dall’ambiente sino a che non divengano inerti.
Nel caso di bassa intensità si possono utilizzare depositi in superficie protetti prevalentemente da barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie per il contenimento della radioattività. Nel caso dell’alta intensità, l’isolamento va garantito con il deposito geologico, una struttura per la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi realizzata nel sottosuolo a notevole profondità utilizzando strati di argille, graniti, salgemma.
Attualmente esistono molti depositi di superficie in Francia, Spagna, Svezia, Giappone, Regno Unito, USA. Per quello geologico In Europa, Svezia e Finlandia hanno già individuato il sito, rispettivamente nelle municipalità di Östhammar e Olkiluoto. (fonte Enea)
L’energia nucleare, nel 2020, ha sviluppato in Europa 760mila GWh, pari al 25% del totale dell’energia totale prodotta nell’Unione. Se, poi, si restringe il campo ai 14 Paesi che hanno in Europa una o più centrali nucleari, la percentuale sale al 34,3% con al primo posto la Francia, con il 66,6% di energia prodotta e utilizzata, seguita dalla Slovacchia con il 53,4%. Continua l’Ucraina, con il 51,4%.
Nell’Unione i reattori attivi sono 109 e 13 sono i paesi dell’Unione europea che producono energia grazie al nucleare, pari ad un quarto dell’intera produzione energetica targata Ue. Secondo la Rystad Energy, società indipendente di ricerca energetica e business intelligence con sede a Oslo, fra il 2022 e il 2023 più di 90 miliardi di dollari verranno investiti nel nucleare con 52 nuovi reattori in costruzione su scala globale.