QUALITÀ, SELEZIONE, COMPETENZE: LA FILIERA DEL LUSSO È IL MODELLO DA IMITARE NELLA FORMAZIONE UNIVERSITARIA .

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Il 19 settembre ho partecipato al conferimento della laurea honoris causa in “Supply Chain Management” a Piero Ferrari, vicepresidente della Ferrari e fondatore di HPE. L’evento, organizzato dall’Università di Verona, ha offerto una mattinata di lavori intensa e stimolante, in cui si è discusso di qualità, visione strategica e trasformazione industriale.

La lectio magistralis di Ferrari ha ripercorso l’evoluzione dell’azienda di Maranello: da una produzione interamente interna, dove persino viti e bulloni venivano progettati in casa, a una filiera esterna composta da fornitori altamente specializzati. Oggi, il 67% dei fornitori Ferrari è italiano, il 30% europeo, e solo il restante proviene da altri mercati. Un modello che ha permesso all’azienda di mantenere la propria identità, investendo in innovazione e delegando con intelligenza.

La supply chain del lusso

Nel settore del lusso, la supply chain è diventata un elemento chiave per garantire eccellenza, affidabilità e sostenibilità. Secondo il report DHL The Logistics of Luxury, il mercato globale del lusso ha raggiunto i 355 miliardi di dollari nel 2023, con una crescita annua dell’8–10%. La filiera deve rispondere a requisiti stringenti: tempi certi, zero difetti, tracciabilità, e coerenza con il brand.

Nel report 2025 di KPMG, dedicato al settore Fashion & Luxury italiano, emerge con forza il ruolo strategico della supply chain nel consolidamento e nella crescita del Made in Italy. Negli ultimi sei anni, sono state concluse 315 operazioni per un valore complessivo di 44 miliardi di euro, con una netta prevalenza di acquisizioni nell’indotto produttivo: ben il 55% dei deal ha riguardato fornitori e terzisti. Questo trend evidenzia come i grandi gruppi, sia italiani che internazionali, stiano puntando sempre più al controllo diretto della filiera, investendo in asset produttivi per garantirsi qualità, tracciabilità e resilienza. Brand come Chanel, LVMH, Prada, Zegna e Cucinelli hanno guidato questa trasformazione, affiancati da fondi di private equity che, oltre a sostenere singole aziende, promuovono operazioni di consolidamento dell’indotto e creano fondi dedicati ai comparti più prestigiosi del lusso italiano. La filiera produttiva non è più solo un supporto operativo, ma un elemento distintivo e competitivo, capace di rafforzare l’identità e il valore dei marchi.

Una filiera del talento per la cultura e la medicina del futuro

La mattinata mi ha portato a riflettere su come gli stessi principi di qualità e specializzazione possano e debbano essere applicati anche alla formazione universitaria, in particolare nei settori più delicati e regolamentati come quello medico e farmaceutico. La qualità nella preparazione dei futuri professionisti non può essere lasciata al caso: richiede investimenti, visione strategica e un percorso formativo capace di integrare competenze, tecnologia e internazionalizzazione. Soprattutto quando è in gioco la tutela della salute umana. Una sfida che il Magnifico Rettore Pierfrancesco Nocini ha raccolto sia incrementando i corsi di studio che da 62 sono passati a 95, sia favorendo l’accesso allo studio con agevolazioni economiche e logistiche grazie anche alla collaborazione con ESU Verona.  Questi due passaggi risultano fondamentali se lo sguardo si sposta verso l’orizzonte del prossimo decennio dove la competitività degli atenei sarà misurata su tre indici:

  • capacità di sviluppare percorsi formativi condivisi con aziende industriali in particolare con il settore biomedicale.
  • ampliamento dell’accesso allo studio, agevolando economicamente le iscrizioni per attrarre un parco talenti ampio e diversificato.
  • promozione di scambi interuniversitari con partner internazionali, come si è già fatto con le università cinesi di Shenzhen e Zunyi e con il College of Science di Malta.

Secondo il China Education Association for International Exchange, l’Università di Shenzhen è tra le prime in Cina per investimenti in ricerca biomedica, con oltre 1.200 progetti attivi nel campo della robotica chirurgica e della medicina digitale. La Zunyi Medical University è nota per i suoi centri di eccellenza in odontoiatria robotica e imaging avanzato, con collaborazioni scientifiche in corso con istituzioni europee e statunitensi.

 L’ACS College of Sciences di Malta, invece, offre un’ampia formazione in diversi ambiti professionali, con dipartimenti che spaziano dal Design alla Tecnologia, Finanza, Diritto e Scienze della Salute. Tutti i percorsi mirano a integrare teoria e pratica, grazie a collaborazioni internazionali, stage e docenti esperti. Il dipartimento Health & Sciences è il più stimolante dal punto di vista professionale, e ha dato origine alla School of Medicine. Tra i corsi offerti ci sono Osteopatia, Fisioterapia, Igiene Dentale, Psicologia, Fisioterapia dello Sport (Master) e Medicina e Chirurgia.

Queste partnership non solo favoriscono la contaminazione tecnologica e metodologica, ma contribuiscono a costruire una filiera formativa capace di anticipare le evoluzioni della medicina contemporanea. In un contesto globale dove l’innovazione corre veloce, l’internazionalizzazione diventa un requisito imprescindibile per garantire competenze aggiornate e competitive.